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Carlo Calenda, “Le regionali italiane, Teatro dell’Assurdo”

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Nella sua newsletter periodica, il leader di Azione, ha pensato di mettere i puntini sulle “i” pare più per confermare di essere uno che non le manda a dire che per rendere ulteriormente chiaro un progetto politico che è lì, sotto gli occhi di tutti.

Questa volta se la prende con “il dibattito di queste settimane sulle elezioni regionali” che, secondo Carlo Calenda “non ha nulla a che fare con ciò di cui le Regioni – e quindi i cittadini – hanno davvero bisogno”. Calenda rispolvera il “mercato delle vacche”: e cita “scambi di posti, negoziati che cancellano infrastrutture e moltiplicano sussidi a pioggia insostenibili, discussioni infinite sul numero di mandati, candidature e ricandidature assurde (vedi Puglia)”. Definisce tutto, col consueto garbo, “ributtante” a dimostrazione, continua, che “c’è qualcosa di profondamente malato nel nostro regionalismo”.

Ce n’eravamo accorti dal famoso governo D’Alema, figuratevi, anche noi che non siamo i leader di Azione.

“Il Partito Democratico sembra aver smarrito totalmente la bussola: propone misure che sembrano uscite da una riunione di un collettivo del liceo, più interessato alla birra e alle canne che alla responsabilità di governo. Dalla Calabria al Veneto il copione è sempre lo stesso”, scrive Calenda, che poi arriva al punto: “Emblematico è” secondo lui “quanto sta accadendo in Toscana, dove Giani è arrivato a firmare in pompa magna un accordo con il M5S che prevede solo assurdità: reddito di cittadinanza, no alle infrastrutture e altre promesse irrealizzabili. Nessuno di questi punti è stato discusso con Azione. Se il programma di governo di una Regione lo decide la senatrice Taverna, noi non ci saremo”.

Toccherebbe sentire l’opinione di Giani dato che Renzi, in accordo con l’inimicizia politica che lo lega suo malgrado a Calenda, si è già espresso con chiarezza accusando Azione di “regalare il centrosinistra ai radicalismi e il Paese a Meloni”.

Insomma da qualunque parte la si guardi è sempre e comunque la solita guerriglia tra Bibì e Bibò.

 

 

 

(21 agosto 2025)

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