di Daniele Santi
Era la giornata dell’ennesimo matrimonio interno al PD, un altro di quei matrimoni che bloccano l’evoluzione famigliare, con i comparenti che soffocano la crescita della famiglia anziché stimolarne la crescita. Il matrimonio si è consumato a Firenze, al Teatro del Sale, lo hanno chiamato tandem ed è quello tra Bonaccini e Nardella che sarà “il capo della campagna elettorale”.
L’incontro anticipava la discesa di Elly Schlein al Monk di Roma, che parlava di “costruire una società della cura” e presentava tutti i numeri due, i vice, gli outsider, che ricordavano ai numeri uno che non si fanno morti, ma in una comunità si sta tutti insieme. Da Firenze il sindaco della città dice di non essersi candidato “per coerenza”, ma si ha il sospetto che non si sia candidato per non essere stritolato. In platea c’è Giani, presidente renziano della Toscana, e Bonaccini, dopo gli annunci di rito dice di volere mandare un “abbraccio a Elly Schlein per quello che le è successo, un abbraccio a lei e alla sua famiglia” dice che “la nostra gente non ne possa più anche di risse verbali dentro la classe dirigente del Pd” e quindi sottolinea che “chiunque vinca questa sfida io sarò il primo, se non sarò io a vincere, a dare una mano”. Non ho rinnovato la tessera del PD proprio perché ero stanca di parole come queste seguite da azioni che andavano nella direzione contraria. Come me conosco decine di persone.
Poi Bonaccini lancia l’affondo: “Noi dobbiamo cambiare la classe dirigente del Pd, non ce l’ho con nessuno, ma oggi credo che serva una classe dirigente nuova”. Quindi la presidenza della mozione va a Nardella. E’ difficile capire dove porterà la scelta. Se da Firenze arriva odore di continuitàè da casa Schlein che arriva l‘uragano di novità.
Bonaccini non potrà non tenerne conto.
(4 dicembre 2022)
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