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La Toscana, per come la vedo io, potrebbe persino fare assai meglio….

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di Kishore Bombaci

In pieno svolgimento dei ballottaggi, che dovranno determinare i prossimi sindaci di Siena, Pisa, Massa, Campi Bisenzio (FI) e Pietrasanta (LU), la situazione politica toscana è in questi primi sei mesi del 2023, al centro di movimenti interessanti, tanto sul lato del centrosinistra quanto sul lato del centrodestra.

L’elezione di Elly Schlein alla segreteria nazionale del Partito Democratico, ha comportato un terremoto all’interno dello stesso PD che si è immediatamente riverberato sul partito a livello regionale. L’elezione di Emiliano Fossi, schleiniano di ferro, alla guida del PD toscano sconvolge gli equilibri interni e costringe Nardella e di Giani, che invece avevano sostenuto Stefano Bonaccini alle primarie nazionali, a un’opera assai veloce di riposizionamento.

Gli effetti di questo riposizionamento, peraltro, sono del tutto evidenti se si considerano alcune prese di posizione su molti temi caldi della politica territoriale. Da un lato sale l’entusiasmo della sinistra dura e pura, dall’altro, si alimenta lo sconcerto dell’anima riformista dei democratici che percepisce sempre maggior disagio. Opportuno ricordare il caso dello scontro fra il Sindaco fiorentino Nardella e l’Assessore Del Re che, al di là della vicenda contingente, è frutto di questa tensione tra le due ali del partito.

I temi caldi sono molti e intersecano livelli territoriali con il nuovo governo nazionale. Una contrapposizione frontale a livello ideologico che fatica ad armonizzarsi con la necessaria opera di collaborazione istituzionale. Gli esempi sono molteplici e forieri di contraddizioni nei vertici toscani.

Certamente emerge quale tema dominante di questa dialettica la questione migratoria, dove gli effetti dello schleinismo regionale si sono immediatamente fatti sentire. Gli stessi vertici amministrativi hanno riconosciuto che si tratta di una emergenza regionale, ma sul modo di affrontarla, le idee si confondono e non poco. Si è passati dall’adesione all’istituzione del CPR con indicazione anche della possibile ubicazione, al “niet” assoluto imposto dal neosegretario Fossi. Ecco che dunque, sia Giani sia Nardella (nella sua qualità di Sindaco metropolitano fiorentino), smentendo le loro stesse posizioni di qualche mese fa, si sono adeguati al nuovo corso. Un radicalismo oppositivo motivato esclusivamente da ragioni ideologiche, che tuttavia non ha saputo andare oltre lo slogan né tantomeno ha prodotto proposte alternative e al contempo efficaci. Qualche spiraglio si è intravisto con l’incontro dei vertici istituzionali territoriali con il Commissario nazionale per l’emergenza migratoria, Valerio Valenti del Marzo scorso. Ma al netto delle manifestate disponibilità al dialogo, rimangono molto distanti le rispettive posizioni.

Vedremo che cosa accadrà, ma il tema è spinoso, complesso e, invero, sempre più preoccupante. Se da un lato non può essere cavalcato per spaventare la cittadinanza, dall’altro non può essere sottovalutato perché le conseguenze di un’ incontrollata deriva sono evidenti non solo nelle aree periferiche delle più importanti città.

Basti pensare a Firenze, dove interi quartieri anche del centro, sono letteralmente sottratti al controllo pubblico e diventano terreno di scontro fra bande per la primazia sul mercato dello spaccio. L’episodio di ieri, dove alcune famiglie sono state coinvolte – nelle prime ore del mattino – a un lancio incrociato di sassi tra bande rivali offre una plastica idea di come le istituzioni si stanno progressivamente arrendendo a una situazione tutt’altro che irreversibile. Purtroppo il necessario rigore contro il crimine e l’esibizione sfacciata dell’occupazione del territorio, si scontra con una intollerabile timidezza di chi ancora si rifugia nel buonismo massimalista.

Forse che sia il caso di rimettere in discussione il modello di integrazione proposto dalla classe dirigente regionale? Lo si può dire senza essere tacciati di fascismo o razzismo?

Certo è che, con il nuovo corso, il PD sembra accodato a una deriva massimalista, che indubbiamente non aiuta.

C’è poi il centrodestra che deve urgentemente darsi un’identità costruttiva, proporre soluzioni che vadano oltre la mera contestazione, se vuol cogliere un certo vento di cambiamento che, pur a fatica, sembra spirare anche in Toscana. Dovrà iniziare a lavorare sodo in vista delle Regionali sfruttando la acclarata contendibilità della Regione e il fatto che i cittadini sono sempre meno inclini a firmare cambiali in bianco alla classe dirigente.

Altro tema caldo, e al contempo assai delicato, è quello della sanità. Considerata come un’eccellenza regionale, oggi la sanità toscana è letteralmente allo sbando, tra risorse che mancano e disorganizzazione sistemica. Il rapporto della Corte dei Conti di inizio anno è spietato nel descrivere una situazione emergenziale sia in punto di finanziamenti sia in punto di organizzazione dei servizi. Cittadini rimbalzati in ogni località della Regione per poter accedere a prestazioni anche importanti in tempi ragionevoli sono uno scandalo innanzi al quale troppo spesso si nasconde la testa (e le responsabilità) sotto la sabbia. E, a fronte di una sempre maggiore precarietà del SSR , si assiste anche in Toscana a una massiccia fuga verso il privato, necessaria (vista la situazione), ma costosa. Il rischio è dunque quello di una sanità di seria A, appannaggio di chi se lo può permettere e una sanità di serie B per gli altri. Insistere sull’esaltazione di alcune indubbie eccellenze non serve a coprire lo stato disastroso delle cose.

Soprattutto perché la vittima di tale situazione è proprio la parte più fragile di cittadinanza, anziani e malati (si pensi ai pazienti oncologici e alle enormi difficoltà di esami strumentali tempestivi e relative cure). Anche su questo la politica regionale si dovrà misurare, impostando un lavoro certosino di analisi di quel che non va, ma soprattutto di sintesi consistente in azioni concrete.

Altro tema caldo, quello delle infrastrutture regionali. Dalla questione aeroporto di Peretola, dove la posizione del segretario Fossi è da tempo nota e costringe l’Amministrazione regionale a far tripli salti carpiati (anche se è opportuno dire che tutti i partiti scontano una certa differenza di posizione, tra coordinamenti regionali e vertici territoriali), al più generale tema delle reti stradali, ferroviarie e autostradali regionali. Tanta carne al fuoco, ma trovare la quadra è fondamentale, per ridare slancio alla regione e al suo tessuto economico e produttivo. Significativo, da questo punto di vista il protocollo di intesa firmato dal Presidente Giani e il Ministro Salvini che lascia sperare in una nuova frontiera di sviluppo con un investimento (interamente privato) importante di almeno 3 miliardi di euro per le reti autostradali per l’ampliamento e la riqualificazione dei tratti regionali dell’A1 e dell’A11. Speriamo che questa inedita comunanza di vedute tra Giani e Salvini, sia il primo passo verso lo sblocco di altre infrastrutture.

Segnali positivi giungono anche dall’economia toscana che vede un principio di rinascita dopo gli anni bui della pandemia, soprattutto in alcuni settori storicamente tipici. Ma i problemi rimangono con numerosi tavoli di crisi aperti a livello regionale che espongono imprenditori e lavoratori a una situazione di incertezza e precarietà (una per tutte, GKN). L’obiettivo lanciato dal Presidente Giani per il fine legislatura regionale nel 2025 – 100.000 mila nuovi posti di lavoro – pare ambizioso tenuto conto della difficoltà, soprattutto in certi ambiti produttivi, nel reperire manodopera specializzata, e di un sistema di incontro fra domanda e offerta di lavoro che aspetta da tempo immemore una riforma. A ciò aggiungasi che il sistema di “formazione-lavoro” ancora stenta e quindi il problema verosimilmente non sarà di immediata soluzione. A onor del vero, l’anno 2022 ha fatto registrare dati incoraggianti, ma la strada è lunga e cantare vittoria troppo presto può essere drammaticamente controproducente.

Insomma, un quadro, quello della politica toscana, estremamente dinamico e fluido che non consente previsioni scontate in questi due anni che ci separano dalle elezioni regionali del 2025.

Volendo tracciare una sintesi, si può osservare una maggioranza di centrosinistra in affanno e piena di contraddizioni destinate a esplodere, ma tutto sommato ancora forte. Dall’altro lato, un centrodestra che “sente di potercela fare”, anche in roccaforti tradizionalmente “rosse”, ma che spesso si divide in modo autolesionistico (vedi l’esempio di Massa, o quello di Campi Bisenzio) lasciano insperati spazi di recupero agli avversari.

E se è vero che la regione “soffre” di un sistema di potere consolidato in decenni e decenni di amministrazione di centrosinistra, è pur vero che il centrodestra oggi è chiamato a una sfida che va oltre la contestazione, dovendosi tradurre in una solida e concreta alternativa di governo. E per fare questo, le divisioni, i piccoli interessi di bottega, gli inutili personalismi, sono certamente la via più sbagliata da percorrere.

Questo importante biennio – 2023/2025 – costituisce dunque una forma di “esame di maturità” per tutte le forze in campo affinché diano prova di serietà e capacità politica e amministrativa, che sappia dare alla Toscana finalmente il governo che merita.

 

(29 maggio 2023)

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