di Paolo M. Minciotti
Il racconto parla di un uomo che strappa il burka ad una donna marocchina, incinta, che aveva con sé l’altro figlio undicenne – perché il mondo è sempre più pieno di pazzi senza vergogna e pieni d’odio che non hanno più nessun ritegno – ma abbiamo ragioni di ritenere che non si trattasse di un burka, ma di un hijab, o di un jilbab, spesso confuso ad arte in questo paese, con il tristemente capo imposto dai talebani.
Burka o non burka resta il fatto che nessuno ha il diritto di strappare di dosso un indumento a chicchessia e nemmeno di spingere, come nel caso di questa sventurata donna marocchina, un altra persona fuori dal treno al grido di “voi qui non ci dovete stare” di fronte a passeggeri e capotreno che parrebbero essere guardati bene dall’intervenire, metti che si spettinino.
I fatti il 15 luglio scorso alla stazione di Calenzano (Firenze), contro una donna di origini marocchine al settimo mese di gravidanza e con appresso il figlio di 11 anni. Lui, il maschio-omone, un 35enne originario di Vaiano (Prato) che accortosi di lei sulla banchina intenta a salire con il figlio su un treno regionale l’avrebbe raggiunta per inveirvi contro e poi spingerla fuori dal mezzo. Un disgustoso comportamento incivile e scimmionesco che non fa onore nemmeno all’eccesso di testosterone che l’incontrollato, ed incontrollabile, maschio italiano ha soddisfatto con la sua aggressione da neanderthaliano. Abitudinario come tutti i trogloditi l’uomo è anche un pendolare, è stato quindi facile per gli agenti individuarlo e identificarlo. La donna, infatti, si è immediatamente recata alla Polizia per denunciare l’accaduto.
Avesse indossato sul serio un burka, è un dettaglio, alla Polizia ci sarebbe dovuta andare col marito o con un uomo della famiglia. Questo perché la semantica è una scienza esatta.
(24 luglio 2022)
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